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Aura, quando la musica fa il giro del mondo

I progetti, i sogni e le ambizioni della band teramana nelle parole del bassista, Matteo De Virgiliis.

TERAMO – Emirati Arabi, Ungheria, Germania, Svizzera. Mezzo mondo a cavallo dei loro strumenti, mossi da passione e professionalità. Loro sono gli Aura, band teramana che, dal cuore hard rock made in Usa, suggestione potente che ne benedì la formazione nel ’92, è oggi portabandiera della musica italiana all’estero.

Non solo. I sei musicisti (Matteo De Virgiliis al basso, Marco Di Blasio e Francesca Lago alla voce, Emanuele Perilli alla chitarra solista, Igor Piccioni alla batteria e Gianmarco Renzi alla chitarra ritmica e tastiera) oggi vantano ben tre repertori. Tre “scalette” diverse e originali, per soddisfare ogni gusto. Perché la musica è la musica, tanta, bella e ricercata, ma il pubblico c’è e vuole divertirsi.

Tempo fa sulle pagine de L’altra Parola scrivemmo di loro, di un loro concerto in quel di Zurigo. Uno spettacolo “complesso” dove le unicità territoriali, i prodotti enogastronomici della nostra regione s’abbracciavano ai colori delle hit sempreverdi italiane. Un’esplosione per i sensi tale, che la curiosità è stata troppa. Allora incontro il loro bassista, Matteo De Virgiliis. Birra e coca cola e la chiacchierata prende forma.

“Abbiamo tre diversi repertori – racconta -: Note italiane che rappresenta una summa della canzone italiana, da Gino Paoli e Lucio Dalla, che portiamo in giro per il mondo con la collaborazione delle ambasciate e degli istituti di cultura italiani locali; poi c’è il tributo ai Beatles al quale teniamo moltissimo e che ci ha permesso di duettare con una certa Sarah Jane Morris; infine il nostro repertorio classico di cover rock e pop dove, dalle sonorità raffinate dei Tears For Fears (Woman in chain), arriviamo fino al revival-dance anni settanta. Un genere, quest’ultimo, caratterizzato da arrangiamenti storici, bellissimi”.

Non di sole cover, però, vivono gli Aura. La band ha già all’attivo tre cd: il primo, omonimo, del ’98 dove la competenza dei sei (tutti praticamente professionisti, e una buona metà anche insegnanti) sprigiona del buon sano rock italiano; un Promo 2001, “più elettronico”; e l’ultimo, Electric Cafe, del 2008.

Iniziamo con il tributo ai Beatles. Una summa delle migliori canzoni dei quattro di Liverpool, “che proponiamo nelle scuole intervallando la musica con racconti sui fab four, ‘lezioni’ sul periodo storico e sulla storia degli strumenti. È uno spettacolo che piace tantissimo ai bambini, tutti sempre entusiasti, che abbiamo portato anche in Puglia”. Musica, progettualità e la cultura come veicolo didattico, ma anche un volano per incontri d’eccezione. “Suonando i Beatles siamo riusciti anche duettare con Sarah Jane Morris, il 30 ottobre scorso allo Sheraton di Bari. Con noi c’era un quartetto d’archi”. Gli Aura non sono nuovi nel mix tra le eterne melodie dei fab four e le suggestioni degli strumenti classici. “Già in precedenza avevamo suonato lo stesso repertorio con un’orchestra della Val Vibrata, la Aco Orchestra diretta dal maestro Luisella Chiarini, a Tortoreto. Peccato non essere riusciti a portare lo stesso spettacolo a Teramo”.

E il live più bello? Matteo prende il cellulare e mi fa vedere una foto. L’immagine, scattata da dietro la batteria, mostra il palco affacciato su un pubblico enorme. “Qui eravamo a Bari – racconta -, era una serata di Capodanno e con noi c’erano anche Checco Zalone e Alex Britti. 30 mila persone, tutte lì a sentire anche la nostra musica. È stato un bel momento” . Tremarella? “Beh – risponde – all’inizio l’emozione è tanta, ma poi parte la musica e tutto fila liscio”.

Con Sarah Jane MorrisSuonare in giro per il mondo, calcare palchi di tutto rispetto, partecipare a diverse trasmissioni, duettare con personaggi famosi (all’attivo anche un’esibizione con la talet scout di Lady Gaga, Wendy Starland). È solo fortuna o c’è altro? “La fortuna è importante – dice – ma è anche vero che premia gli audaci. Noi proponiamo sempre tanti progetti e dalla nostra abbiamo la professionalità, il prendere tutto sul serio cercando di suonare sempre al massimo e bene”. Il segreto, però, è muoversi. “Certo la nostra realtà può essere difficile, e ci piacerebbe che tutte le reatà locali fossero più ricettive, ma anche chi fa cultura ha le sue responsabilità. Ma le differenze tra noi e l’estero – aggiunge – sono comunque grandi. Il 16 marzo – spiega – suoneremo a Berlino. In Germania, e non solo, c’è una cultura diversa: è normale assistere ad un concerto il pomeriggio, ed è normale abbinare ad un’esibizione musicale una mostra o una degustazione di vini. C’è un diverso approccio alla musica, più ‘complesso’, ma in grado di diventare anche un volano economico. La cultura, dobbiamo capirlo, porta indotto. Pensiamo al Puglia sound – spiega ancora -, la manifestazione che ci ha visto insieme a Sarah Jane Morris. Lì hanno venduto tantissimi biglietti ad un prezzo non proprio economico; eppure qui non si riesce a realizzare niente di simile. E i progetti ci sono”.

Non è ancora detta l’ultima parola, però, e intanto, tra un viaggio in Germania e uno in Ungheria, gli Aura fanno capolino anche qui in provincia. “Il 31 marzo suoneremo al Meat di Mosciano Sant’Angelo, mentre il 6 aprile saremo a Teramo, da Empatia”. Buona musica, professionalità e tanto divertimento. Noi ci saremo, e voi?

enrico melozzi sanremo

Enrico Melozzi a Sanremo

Il musicista teramano dirigerà Noemi al Festival della canzone italiana che partirà il 14 febbraio.

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Luoghi musicali: il cantiere Se Mi Jazz

MOSCIANO SANT’ANGELO – Se mi Jazz è il nome di un EP, di un cantiere musicale, di un luogo protetto per la creazione di musica. Se mi Jazz è uno stile. Se mi Jazz è una voce nuova, sicuramente, ma anche lo spazio creativo dove far convergere i talenti della provincia di Teramo, magari poco visibili, che tanto hanno da dire, ma soprattutto da suonare.

Abbiamo fatto una chiacchierata con il suo ideatore, o meglio, con la figura aggregatrice, Luca Pelusi. Luca è un cantante, autore di testi e clown-volontario negli ospedali. Un ragazzo appassionato e competente che, tra una parola e l’altra, mi racconta di un progetto che dal nulla oggi fiorisce in tutto il suo valore musicale ed artistico.

Luca, quando nasce Se mi Jazz? E dove?

“Nasce due anni fa circa, a Mosciano, anche se il luogo fisico non è così importante”.

In che senso?

“A Mosciano abbiamo la nostra sala prove, e lo sguardo del nostro cantiere è rivolto ai musicisti locali. Vogliamo avere un rapporto diretto con loro. Lo scopo è aggregare talenti e risorse musicali”.

Tutto parte da te?

“Sì, volevo essere un aggregatore di musicisti, fare musica. Canto e scrivo i testi. Mi piace vedermi come un talent scout”.

E’ stata dura all’inizio?

“Abbiamo iniziato grazie ad un finanziamento di una fondazione, poi abbiamo proseguito con le nostre forze. Cercando musicisti, facendoli incontrare, suonare e confrontare. Alla fine il prodotto è stato l’EP Se Mi Jazz”.

Prima di parlare del vostro EP, cosa volete fare precisamente con il cantiere musicale?

“Vogliamo offrire dei prodotti musicali che non siano già ‘belli e pronti’, da acquistare sul mercato. Vogliamo far vedere, e sentire a tutti, che anche qui in provincia e non solo nelle grandi città ci sono talenti validissimi. Vogliamo che Se Mi Jazz sia un luogo musicale, per così dire, ‘protetto’. Un luogo in divenire che offra prodotti di qualità, freschi e soprattutto originali”.

Parliamo del vostro EP, Se Mi Jazz. Come siete arrivati alla scelta dei musicisti?

“Tutto è partito dall’osservazione. Tra club e festival ho notato musicisti validi, tutti locali, quindi li ho chiamati e ho spiegato loro il progetto che avevo in mente”.

Ovvero?Copertina Se Mi Jazz

“Fare della musica che avesse degli elementi di jazz con i musicisti del territorio. La nostra è una musica di fatto cantautorale, che racconta delle storie, ponendo l’accento sui testi. Ma anche una musica jazzata. Se Mi Jazz, appunto. E a quanto pare è stata molto apprezzata: siamo arrivati in finale al Premio Daolio (Sulmona) e finalisti al concorso Fara Music Jazz Festival di Fara Sabina, Rieti”.

Sul vostro sito è possibile sentire alcune tracce del vostro EP. Oltre ai testi, spiccano degli arrangiamenti molto curati.

“È vero: abbiamo avuto la fortuna di avere con noi musicisti versatili. Validi compositori ed arrangiatori. Tutti provenienti da esperienze diverse. In particolare dobbiamo ringraziare per le composizioni Manolo Di Liberatore, pianista di formazione classica e Elmar Shäfer, sassofonista legato alle tradizioni musicali blues e jazz americane, qui anche arrangiatore e compositore. Siamo molto soddisfatti”.

Dove volete arrivare?

“Beh (sospira), vorremmo scuotere la situazione musicale. Fare in modo che tutti si accorgano che non c’è bisogno di comprare ‘prodotti pronti’ e poi farli suonare in un festival; che la musica può essere anche autoprodotta in loco con cifre ragionevoli, magari attraverso un cantiere come il nostro. Serve solo competenza e passione. L’ideale sarebbe passare dai direttori artistici ai talent scout. Occorrono persone che costruiscano percorsi musicali. Oggi come oggi, i direttori artistici dovrebbero selezionare musicisti e band che fanno musica originale, fresca. Invece assistiamo a questo: il direttore artistico di un festival suona all’interno del suo festival e se ne vanta pure. E magari viene pagato due volte, una volta come direttore ed una volta come esecutore. Discutibile. Un festival deve essere un luogo per musicisti e non per il direttore artistico che seleziona (anche se musicista)”.

Quanto è costato produrre il vostro EP?

“Abbiamo fatto le cose per bene: circa 3.000 euro tra musicisti, sala di registrazione, sito internet, grafica, duplicazione… Abbiamo registrato nello studio di Marco Pallini (Bellante) che ha subito instaurato un buon feeling con noi. Tornando ai soldi, il costo che più di tutti mi ha spiazzato è stato quello relativo ai bollini Siae. Ma è possibile che un’opera prima debba essere vincolata dai bollini Siae? Stiamo parlando di 40 centesimi a bollino, per un cd demo gratuito che non può essere venduto! Se si vuole dare man forte alla musica emergente sarebbe bene creare una corsia preferenziale. Aiutare le opere prime senza il peso fiscale dei bollini. Giusto la tassa di iscrizione, se uno compone”.

Quando vi potremo sentire?

“Abbiamo già fatto una presentazione dell’EP ad agosto. Ora speriamo di farne una seconda verso Natale. Intanto pensiamo a qualche festival e al prossimo progetto musicale. Stiamo pensando di inserire degli elementi dixieland. Ma nel nostro cantiere, come avrai capito, è tutto in divenire”.