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Violenza sulle donne, quando l’orco è in casa

TERAMO – Abusi sulle donne triplicati negli ultimi tre anni in Abruzzo. E nel 78% dei casi l’orco si nasconde tra le mura domestiche, marito o convivente, o è un ex partner della vittima. Almeno un episodio di abuso su tre è di natura fisica, un terzo di tipo psicologico, mentre è in costante aumento anche il fenomeno dello stalking (5,8%).

Sono soltanto alcuni dei dati illustrati questa mattina in Provincia in occasione della presentazione di Casa Maia, la prima casa rifugio di valenza regionale che da gennaio del prossimo anno accoglierà a Giulianova le donne vittime di violenza in pericolo di vita e i loro bambini.

I NUMERI DELLA VIOLENZA – Più di duecento (203) le donne prese in carico soltanto nel 2011 nei sei centri antiviolenza regionale, alle quali vanno aggiunti altri 52 vittime seguite dagli anni precedenti. Oltre 500 i contatti e le richieste di aiuto. Dopo quello di Pescara (82 donne prese in carico), è il centro teramano ‘La Fenice’ quello che nel 2011 ha registrato il numero più alto di vittime (49 casi seguiti dalle operatrici, 21 le donne in carico dagli anni precedenti) e contatti (81). Nel 60,9% dei casi è il coniuge l’autore della violenza, nel 17,3% l’ex partner, nel 9,2% un familiare e solo nel 9,9% da un semplice conoscente. A denunciare le violenze sono per lo più donne italiane (76,9%). Chi si rivolge ad un centro antiviolenza per lo più lo fa per chiedere informazioni (27,8%), avere un supporto psicologico (27,4%) o legale (7,8%), meno per aiuti economici (2,5%), denunce (1,6%) o cercare casa e un lavoro.

CASA MAIA, UN RIFUGIO PER LE DONNE – Per aiutare le donne in fuga da uomini violenti a gennaio aprirà a Giulianova ‘Casa Maia’, la prima casa rifugio in Abruzzo realizzata grazie al progetto ‘Maia: casa per le donne in Abruzzo’. Capofila è la Provincia di Teramo, gli altri partner che presto si costituiranno in associazione temporanea di scopo (ATS) sono i Comuni di Teramo, Chieti, Pescara, l’associazione Ananke Onlus di Pescara e la Cooperativa sociale Alpha di Chieti. Il progetto è stato già finanziato per un importo di 400mila euro dal Dipartimento per le Pari Opportunità, nell’ambito del recente avviso nazionale per il sostegno ai centri antiviolenza.

La struttura residenziale, a indirizzo protetto, avrà una capienza di otto posti, per gestire le situazioni di emergenza, e sarà realizzata sul territorio provinciale, andando a colmare un gap che finora costringeva a portare fuori regione le donne maltrattate in situazione di estremo pericolo. Tra i servizi offerti, tutti gratuiti, alle ospiti di Casa Mia, si va dal sostegno psicologico e socio-educativo (anche per i figli) all’aiuto nella ricerca di un’abitazione e di un’occupazione, fino all’affiancamento per pratiche burocratiche e accertamenti sanitari.

“CENTRI ANTIVIOLENZA A RISCHIO” –  “Un risultato importantissimo per il territorio – ha dichiarato l’assessore provinciale alle Politiche Sociali Renato Rasicci -, in un momento in cui, a fronte di un incremento esponenziale delle richieste di aiuto, si registra una profonda sofferenza della rete dei centri antiviolenza, per mancanza di risorse. In questo senso, ci siamo attivati per percorrere tutte le linee di finanziamento possibili, continuando ovviamente nell’opera di sollecitazione, a livello regionale, per il rifinanziamento della legge 31 del 2006“. “La struttura residenziale – continua Rasicci –  affiancata dall’attivazione di servizi di sostegno e di reinserimento sociolavorativo, rappresenta il naturale completamento del percorso di supporto e presa in carico delle donne vittime di violenza, attualmente garantito sul nostro territorio dal centro ‘La Fenice’, che ci stiamo adoperando per tenere in vita sensibilizzando i Comuni, le banche e le associazioni, come la Confindustria, che ci ha di recente confermato il suo contributo”.

“La situazione in Abruzzo per i centri antiviolenza è preoccupante – ha spiegato la consigliera regionale di Parità, Letizia Marinelli, intervenuta alla conferenza stampa – in questo momento è fondamentale attivare delle reti per reperire risorse a livello regionale, nazionale e comunitario”. Un plauso all’iniziativa è stato espresso anche dalla presidente della Cpo provinciale, Desirèe Del Giovine “per il merito di aver acceso i riflettori sulle problematiche di genere”. Alla conferenza stampa sono intervenuti anche gli assessori Mirella Marchese (Comune di Teramo) e Emilia De Matteo (Comune di Chieti), Simona Proietto del Comune di Pescara, Roberta Pellegrino e Marialaura Di Loreto, rispettivamente presidenti dell’associazione Ananke e della cooperativa Alpha.

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Frana a Pietracamela, scattano le denunce

Ad un anno dal crollo della parete rocciosa, il sindaco Di Giustino va all’attacco della Protezione Civile. E chiede l’intervento dei magistrati

PIETRACAMELA – Una frana, un disastro naturale che nel marzo 2011 ha scosso il piccolo borgo di Pietracamela. Rocce enormi si staccarono dalla parete e per un caso fortuito non travolsero case e persone. I danni, nella zona di Capo le Vene, furono ingenti: danneggiate le condotte per la captazione dell’Enel, la palestra di roccia, il parco giochi dei bambini, il sentiero Italia per i Prati di Tivo (tuttora interrotto) e, soprattutto, perse per sempre le celebri pitture rupestri di Guido Montauti.

A un anno di distanza a Pietracamela nulla è cambiato ed oggi, sul rischio persistente e sul silenzio di enti e istituzioni, il sindaco dice la sua e chiede l’intervento dei magistrati. “Un masso di frana incombe sulle case e dagli enti competenti di Protezione civile non abbiamo avuto alcuna risposta. I cittadini sono esasperati per il rischio a cui sono esposti, potrebbe verificarsi una nuova frana da un momento all’altro”, ha detto il primo cittadino, Antonio Di Giustino, nel corso di una conferenza stampa che si è svolta a Teramo in mattinata, nella sede del Bim.

Omissioni, negligenze e ritardi negli interventi: il sindaco vuol vederci chiaro. Di Giustino ha presentato un esposto contro gli organi della Protezione Civile: “Chiamiamo in causa la Presidenza del Consiglio dei ministri, per il dipartimento di Protezione civile nazionale – ha illustrato il legale del sindaco, l’avvocato Wania Della Vigna – il commissario delegato della Protezione civile, la Protezione civile regionale presso la Regione Abruzzo, fino al commissario delegato alla ricostruzione”. Infatti, la situazione di precarietà del blocco roccioso era emersa già a seguito del terremoto del 2009, quando alcuni massi si staccarono dalla parete. Da una successiva relazione tecnica voluta dalla Protezione civile (alla quale Di Giustino si era prontamente rivolto), emergevano “vistose fratture” e “fenomeni di crolli”, fino a prevedere il “rischio elevato di frana attiva”. Un epilogo che puntualmente si è verificato nel 2011.

Subito il danno, Di Giustino si era attivato immediatamente per trovare i finanziamenti necessari alla messa in sicurezza dell’area di Capo le Vene. La Presidenza del Consiglio dei ministri, con una nota inviata alla Prefettura, aveva stabilito che i fondi da cui attingere erano quelli per la ricostruzione post-sisma, riconoscendo in tal modo il nesso di causalità tra il terremoto e la frana. Lo scenario, però, cambia dopo una conferenza di servizi convocata il 28 giugno 2011, in cui il Comune presenta un preventivo di spesa per la messa in sicurezza (e per poter riaprire la ‘zona rossa’, l’area tuttora interdetta a ridosso della frana) di 500mila euro.

“In quella sede – ha spiegato Di Giustino – la Protezione civile ha tentato di confutare la correlazione con il terremoto, forse per non mettere a disposizione di Pietracamela la parte di fondi per la ricostruzione necessari all’intervento”. Da quel momento (più di un anno fa) solo silenzio da parte degli enti competenti”. Gli abitanti di Pietracamela (per la messa in sicurezza di tutte le zone a rischio del borgo servono 2,5 milioni di euro) sono stanchi di aspettare.