costa verde bicicletta

Cicloamatori: “Completare piste sul Tronto e sull’Adriatico”

TERAMO – Completare il percorso ciclabile che unisce Ascoli Piceno a San Benedetto del Tronto collegando così l’entroterra marchigiano e abruzzese con le piste ciclabili esistenti lungo la costa. Lo chiedono alle amministrazioni interessate a cavallo del confine tra Abruzzo e Marche le associazioni Coordinamento Ciclabili Abruzzo Teramano, Centro di Educazione Ambientale Oasi La Valle, Scuola Blu (Martinsicuro), Ass. FIAB-Amici della Bicicletta di Ascoli Piceno, Legambiente Circolo di San Benedetto del Tronto, Ass. CAI-Slow Bike (AP).

L’occasione per avanzare la richiesta è stata la passeggiata ciclistica partita lo scorso 2 ottobre, in contemporanea, da San Benedetto del Tronto, Martinsicuro e Ascoli Piceno, e confluita presso l’Oasi la Valle di Spinetoli, alla quale hanno partecipato un centinaio di persone. Le azioni attivabili per completare la “Ciclabile del Tronto” richiedono “poco impegno economico” secondo i proponenti, ma ad esse va aggiunto anche il collegamento dei percorsi ciclabili della costa, realizzabile grazie all’inaugurazione del nuovo ponte stradale sul Tronto tra Martinsicuro e Porto d’Ascoli (prevista per la fine del mese), con l’apertura della corsia ciclabile. In tal modo si darà continuità alla “Ciclovia adriatica”, itinerario ciclistico che collega Ravenna a Santa Maria di Leuca lungo 1000 km da attraversare in bicicletta, realizzando la ciclabile più lunga del centro Italia: 40 km da Cupra Marittima a Cologna Spiaggia.

aigre agroalimentare

Nasce Agire, Polo per l’agroalimentare

PESCARA – Questa mattina, nella sede della Regione a Pescara, è stato presentato il Polo d’innovazione Agire (Agroalimentare industria ricerca eco sostenibilità). Una realtà aggregatrice di risorse ed attori industriali operanti in Abruzzo, istituita in seguito al bando regionale Por Fesr 2007-2013 per promuovere l’innovazione e lo sviluppo competitivo del sistema agroalimentare regionale.

Tra i fondatori del polo vengono annoverai importanti realtà agroalimentari con almeno una sede operativa in Abruzzo, come Delverde, Amadori, Gelco e De Cecco, insieme a tante piccole e medie imprese. Ancora, risultano tra i fondatori del Polo anche diverse associazioni di categoria, l’Università di Teramo, dell’Aquila e alcuni centri di ricerca.

Scopo principale del Polo, di cui fanno parte 80 soci, è quello di costruire una rete di informazioni per sviluppare tecnologie e migliorare il processo produttivo e di filiera. Gestito dalla società Agire Scarl, il Polo dispone di una dote finanziaria pari a 2 milioni e 600 mila euro, di cui la metà costituita da fondi europei.

“Il Polo d’innovazione Agire è un’opportunità unica – afferma il Presidente, Salvatore Di Paolo – sia per i soci che ne fanno parte sia per l’intero settore agroalimentare abruzzese. Dopo l’aggiudicazione del bando regionale, siamo finalmente operativi con una ricaduta positiva ed effetti benefici, nella direzione della ricerca, dell’innovazione, dell’internazionalizzazione e dei servizi, in favore di tutte le imprese, soprattutto quelle piccole e piccolissime. Il mio auspicio è che il Polo di Innovazione possa essere un modello per la crescita delle nostre imprese anche in altri settori”.

Agire Scarl parteciperà a due bandi europei emanati dalla Regione, uno sulla ricerca e l’altro sui servizi innovativi.

genocidio

Il grande male: storia di un genocidio scomparso

GIULIANOVA – Secondo molti storici, il primo genocidio del ‘900 è avvenuto durante la grande guerra, tra il 1915 e il 1916. Oltre un milione e mezzo di armeni, mandati a morire, come scrisse qualcuno, “di tutte le morti possibili”. Uno sterminio che anticipò, per forma e gravità, quello degli ebrei e sul quale lo stesso Adolf Hitler, al fine di confortare alcuni ufficiali ancora turbati dai suoi folli progetti, ebbe profeticamente a dire: “Chi si ricorda oggi del genocidio degli Armeni?”.

Una storia dimenticata, per certi versi, ma non troppo. Una storia che, in realtà, riesce ancora oggi a far breccia nei cuori di coloro che non si arrendono al grande male e che magari, come è successo sabato scorso, scelgono di trascorrere la loro serata assistendo alla presentazione della graphic novel, Medz Yeghern (il grande male), di Paolo Cossi. Un giovane e talentuoso fumettista friulano, premiato con il Condorcet Aron dal parlamento della comunità francese del Belgio, e ospite per l’occasione del circolo virtuoso, Il Nome della Rosa a Giulianova.

FUMETTO – Il lavoro di Cossi ripercorre lo sterminio del popolo armeno attraverso l’uso intelligente di diverse fonti storiche. L’idea è quella di riportare fatti e contesti assolutamente veritieri e documentabili, costruendo, però, un filo rosso romanzatoche attraversa e tiene insieme l’intera narrazione storica. “Il mio – dice – è un tratto caricaturale, simbolico, che vuole evitare il dettaglio splatter, invitando il lettore a non cedere a distrazioni artistiche e a rimanere concentrato sulla storia raccontata. In fondo – continua –, dai murales americani, fino a Yellow Kid, il fumetto non è altro che l’effetto di una tradizione fatta di immagini volte a dare informazioni, a veicolare messaggi”.

Quindi passa a raccontare la genesi del suo lavoro sul genocidio degli Armeni. “All’inizio non sapevo nulla; è stato un mio amico che fa ricerche sul monte Ararat ad introdurmi sull’argomento, poi ho avuto la fortuna di conoscere l’autrice de La masseria delle Allodole, Antonia Arslan, che mi ha dato tanti libri e tanta documentazione da leggere. In realtà – spiega – la parte più difficile e lunga, non è quella esecutiva, del disegno, ma quella della documentazione, che nel mio caso tende a durare fin quando l’editore non alza la cornetta del telefono e ti ricorda che c’è un libro da finire…”.

PERFORMANCE – Quella che prende vita durante la presentazione dell’opera di Cossi, non è il classico profluvio di parole altisonanti, ma una reale dimostrazione del talento del friulano che, aiutato dalle note desertiche ed esotiche prodotte dalla chitarra di Danilo di Nicola, si cimenta nel disegno dal vivo di sette tavole che illustrano momenti particolari della sua opera grafica, Medz Yeghern. Dalla mano di Cossi, che scorre sicura sul grande foglio bianco, prendono forma i fucili dei turchi, il deserto assassino, l’ineluttabile destino degli armeni, così come i volti e nomi degli aguzzini, ma anche dei giusti, di quel soldato tedesco, Armin Wegner, che da solo, scattando foto e custodendo le prove, riuscì a mantenere vivo il ricordo di un genocidio che si voleva dimenticato.

Ancora oggi lo sterminio armeno rappresenta un fatto storico scomodo, e anche piuttosto rischioso da raccontare. “Per questo lavoro – racconta Cossu -, ho ricevuto un plico di 14 pagine di minacce scritte in fogli A4, in triplice copia: uno per me, uno per l’editore svizzero e uno, per l’editore italiano”. La qual cosa non scoraggia Paolo che anzi la prende con ironia ricordando la grammatica scostante ed incerta di quelle frasi minatorie, “scritte probabilmente con Google traduttore”.

Ricordiamo che sul sito del circolo, Il Nome della Rosa, è disponibile il programma della stagione 2011/2012. Vi segnaliamo, nel frattempo, l’incontro di venerdì prossimo con il prete anti-camorra di Scampia, Don Aniello Manganiello, ospite del circolo in seno al Premio Borsellino. Durante l’incontro verrà presentato il libro “Gesù è più forte della camorra”.

donne per donne

Donne che lavorano per le donne

TERAMO – Il sogno è che tra vent’anni non ci sia neanche più bisogno di una commissione che si occupi di pari opportunità. Perché la ‘questione di genere’ sarà un tema ormai risolto e ogni forma di discriminazione uomo-donna sarà scomparsa da tempo. Per ora, di strada da fare ce n’è ancora tanta. In politica così come nell’economia (un dato su tutti, nei Cda delle oltre 270 società italiane quotate in borsa, siede solo un 6% di donne) nel mondo dei saperi come in quello del lavoro. Proprio ieri, l’ultimo report del Cnel che ha confermato come, a parità di qualifica e impiego, la differenza di retribuzione tra uomini e donne in Italia si attesta tra il 10 e il 18%. Un gap attribuibile interamente a fenomeni di discriminazione.

Dal nazionale al locale, inizia da queste considerazioni la nostra intervista con la neo-presidente della Commissione Pari Opportunità della Provincia di Teramo, Desiree Del Giovine, eletta lo scorso 28 luglio insieme ad altre 18 donne e, per la prima volta, un uomo. Le due vicepresidenti sono Zaira Raiola e Marilena Andreani. Medico generale nel suo paese, Colonnella, sposata con due figli universitari, la Del Giovine è ormai da molti anni impegnata a favore delle donne e del riconoscimento delle pari opportunità.

Un impegno che l’ha portata anche alla ribalta dei media nazionali…

Ebbene sì, dopo tanti anni di lavoro in questo settore con tante iniziative, nel 2008 ho avuto l’onore di essere intervistata dal Tg5 per un’importante campagna di prevenzione del papilloma virus.

La Commissione Pari Opportunità della Provincia riparte dopo due anni di ‘stallo’. Quali sono le vostre priorità?

Dobbiamo recuperare il tempo perso. La nostra sarà una Commissione che proverà ad andare oltre le appartenenze politiche. Sarà una vera e propria squadra, fatta da persone che lavoreranno – tra l’altro senza alcuna indennità – per raggiungere un obiettivo comune. Stiamo costituendo dei gruppi di lavoro tematici e, in questi primi mesi, stiamo cercando di ricostruire una ‘rete’ nel territorio, coinvolgendo enti locali, associazioni, sindacati e gli altri attori istituzionali e non della provincia.

Un primo traguardo importante da raggiungere?

Sicuramente la costituzione di una Commissione Pari Opportunità in ciascuno dei 47 Comuni teramani. Per adesso quelli che l’hanno istituita si contano sulle dita di una mano. Voglio poi portare avanti il discorso della prevenzione, ad iniziare da un’indagine seria e accurata sul funzionamento dei consultori su tutto il territorio teramano.

Per la prima volta che nella Commissione è presente una persona diversamente abile…

Esatto, è la vicepresidente Zaira Raiola designata dall’Unione Italiana Ciechi. Una scelta ben precisa: per la prima volta la Commissione si apre ad una doppia discriminazione, donne e disabilità.

In provincia di Teramo, negli ultimi mesi sono stati nominati i Cda di due società importanti come la Ruzzo Reti e la TeAm. In entrambi non è presente alcuna donna. Come giudica queste scelte, anche alla luce della recente legge approvata dal Parlamento sulle ‘quote di genere’ (entro il 2015, le società quotate o controllate dovranno avere nei loro Cda almeno il 30% di donne)?

Non conosco le motivazioni di queste decisioni, ma non posso che valutarle negativamente. Io credo però che vada cambiata anche la mentalità delle donne per spingerle ad impegnarsi di più in politica, nel mondo dell’economia e nel sociale. Per far questo, c’è bisogno di un cambiamento culturale che deve iniziare dalla scuola e dagli altri luoghi di formazione.

Insomma, ‘quote rosa’ si o no?

Sono contraria alle quote rosa. Non siamo una ‘riserva’ da salvare. Se una donna vale, se ha delle capacità, deve andare avanti e conquistare con il suo impegno le posizioni che merita. In realtà io penso che bisognerebbe puntare ad un nuovo concetto di parità tra uomo e donna, una sorta di ‘parità mentale’ fondata sul riconoscimento della diversità e della complementarietà uomo-donna. Ognuno con le sue attitudini e potenzialità, ma uguali sul piano delle opportunità.

Negli ultimi mesi più volte le donne italiane sono ‘scese in piazza’ per riaffermare il proprio ruolo nella società e protestare contro l’immagine femminile veicolata oggi dai media e non solo società. Cosa ne pensa e lei è ‘scesa in piazza’?

No, non ho partecipato a nessuna di queste manifestazioni. Ma non per questo non sono sensibile a questi messaggi. E’ vero l’immagine della donna è stata offuscata, ma credo che ciò sia dovuto ad una comunicazione spesso eccessiva e senza regole che sfrutta le donne. Ad ogni modo si tratta di episodi ben confinati: le capacità femminili alla fine prevalgono sempre, così come le attitudini al lavoro e alla famiglia di noi donne.

Ultima domanda, perchè e come contattare la Commissione?

Possono rivolgersi a noi enti, associazioni ma anche semplici cittadini per esporre idee, proposte o problemi sui temi di cui ci occupiamo. Il modo più semplice è inviarci una mail a cpo@provincia.teramo.it cpo@provincia.teramo.it. Presto però saremo anche su facebook con una pagina tutta nostra e seguiremo i problemi delle donne anche sul web.

Studente

Il Nome della Rosa, le tante anime della cultura

GIULIANOVA – “La cultura è un fenomeno resistenziale”. Sono queste le parole che usa Roberto Di Giovannantonio per descrivere la natura, il valore e la visione del circolo Il Nome della Rosa. “Un circolo virtuoso”, come lo ama definire Roberto che l’ha fondato sei anni fa insieme alla moglie Marisa Di Cristofaro, e che ieri sera, sabato primo ottobre, dopo lo stop estivo, alle 22:00, ha riaperto i battenti.

Un luogo di memoria e cultura dove le più diverse sfaccettature artistiche e formative si ritrovano insieme in un amalgama bellissimo, complesso, e decisamente stimolante. Già ad ottobre, il programma del circolo compone un calendario di eventi che, dai corsi di chitarra finger-style con il maestro Lorenzo Piccioni, passa alla mostra fotografica “Il corpo e la sensualità” di Elena Di Marco, curata da Pino D’Ignazio. Da non perdere quindi gli incontri del 21 e 27 ottobre in seno al Premio Borsellino, rispettivamente con Don Aniello Manganiello (Parroco di Scampia) e Giuliano Giuliani (il papà di Carlo, il giovane rimasto ucciso a Genova durante gli scontri del G8) che, insieme a Don Paolo Forcella e Marco Alessandrini, saranno protagonisti di un incontro dal tema “Legalità, moralità e senso dello Stato”.

Prima dell’inaugurazione Roberto ci racconta un po’ della storia del circolo, ricordando la scommessa che fu e la realtà che è oggi. “Ero in cerca di lavoro, dopo 18 anni in fabbrica – dice – quindi ho voluto provare a creare un luogo di ritrovo. All’inizio nasceva per gli universitari, una sorta di circolo studentesco, ma oggi è qualcosa di più”. Un luogo, come dice la moglie Marisa, che vuole “dare spazio alle variegate anime culturali della Provincia di Teramo”, dove poter ospitare corsi specialistici, ma anche mostre d’arte, concerti, presentazioni di libri. “Vogliamo dare spazio a tutte le opinioni – aggiunge Roberto – senza essere politicizzati, creando un clima di confronto e di curiosità”. E di curiosità ce n’è davvero tanta. Il circolo accoglie infatti eventi particolarmente sperimentali “ma sempre fruibili dal pubblico – sottolinea -, perché non c’è cultura se non è accessibile”.

Intanto la sala si riempie e tanta gente inizia a prendere posto in attesa del concerto inaugurale. A fare da apripista alla sesta stagione del circolo di sono gli Amelie Tritesse, gruppo teramano che per l’occasione presenta il loro libro-cd “Cazzo ne sapete voi del Rock and Roll”. La musica è gentile, eterea, impreziosita dalla lettura di alcuni brani del libro. “Sono storie locali – mi racconta Paolo Marini, cantante – dove la mia voce fa da controcanto alla lettura, suggerendo a volte un contesto, a volte un pensiero, a volte un emozione”.

Roberto continua il suo racconto e ci spiega come è stato possibile portare avanti una scommessa del genere: “Tra noi fondatori del circolo c’è tanta complicità e compattezza, indispensabile per andare avanti. Abbiamo ruoli ben definiti”. Poi ricorda i tanti eventi passati e ci mostra la biblioteca del circolo, piccola ma ricca di titoli interessanti molti dei quali presentati proprio nel circolo. “E’ il frutto di anni di lavoro, passione e volontà – sottolinea -; vorremmo, però, che anche coloro che appoggiano iniziative del genere inizino a partecipare attivamente, fisicamente. Oggi c’è troppa attenzione virtuale, e poca attenzione reale”.

“Perché Il Nome della Rosa?” Gli chiedo alla fine. “Il riferimento ad Eco – risponde – è secondario: ci chiamiamo così perché mia suocera si chiama Rosa. Ma il senso profondo del libro di Eco è comunque presente. Il sorriso che voleva essere bandito dal monastero benedettino ne Il Nome della Rosa, è in realtà la nostra forza”.

Il circolo, in via Gramsci 46 (bis) a Giulianova, è aperto dal giovedì alla domenica dalle ore 21:00. La tessera associativa è gratuita. Info Line: 338.9727534.

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Luoghi musicali: il cantiere Se Mi Jazz

MOSCIANO SANT’ANGELO – Se mi Jazz è il nome di un EP, di un cantiere musicale, di un luogo protetto per la creazione di musica. Se mi Jazz è uno stile. Se mi Jazz è una voce nuova, sicuramente, ma anche lo spazio creativo dove far convergere i talenti della provincia di Teramo, magari poco visibili, che tanto hanno da dire, ma soprattutto da suonare.

Abbiamo fatto una chiacchierata con il suo ideatore, o meglio, con la figura aggregatrice, Luca Pelusi. Luca è un cantante, autore di testi e clown-volontario negli ospedali. Un ragazzo appassionato e competente che, tra una parola e l’altra, mi racconta di un progetto che dal nulla oggi fiorisce in tutto il suo valore musicale ed artistico.

Luca, quando nasce Se mi Jazz? E dove?

“Nasce due anni fa circa, a Mosciano, anche se il luogo fisico non è così importante”.

In che senso?

“A Mosciano abbiamo la nostra sala prove, e lo sguardo del nostro cantiere è rivolto ai musicisti locali. Vogliamo avere un rapporto diretto con loro. Lo scopo è aggregare talenti e risorse musicali”.

Tutto parte da te?

“Sì, volevo essere un aggregatore di musicisti, fare musica. Canto e scrivo i testi. Mi piace vedermi come un talent scout”.

E’ stata dura all’inizio?

“Abbiamo iniziato grazie ad un finanziamento di una fondazione, poi abbiamo proseguito con le nostre forze. Cercando musicisti, facendoli incontrare, suonare e confrontare. Alla fine il prodotto è stato l’EP Se Mi Jazz”.

Prima di parlare del vostro EP, cosa volete fare precisamente con il cantiere musicale?

“Vogliamo offrire dei prodotti musicali che non siano già ‘belli e pronti’, da acquistare sul mercato. Vogliamo far vedere, e sentire a tutti, che anche qui in provincia e non solo nelle grandi città ci sono talenti validissimi. Vogliamo che Se Mi Jazz sia un luogo musicale, per così dire, ‘protetto’. Un luogo in divenire che offra prodotti di qualità, freschi e soprattutto originali”.

Parliamo del vostro EP, Se Mi Jazz. Come siete arrivati alla scelta dei musicisti?

“Tutto è partito dall’osservazione. Tra club e festival ho notato musicisti validi, tutti locali, quindi li ho chiamati e ho spiegato loro il progetto che avevo in mente”.

Ovvero?Copertina Se Mi Jazz

“Fare della musica che avesse degli elementi di jazz con i musicisti del territorio. La nostra è una musica di fatto cantautorale, che racconta delle storie, ponendo l’accento sui testi. Ma anche una musica jazzata. Se Mi Jazz, appunto. E a quanto pare è stata molto apprezzata: siamo arrivati in finale al Premio Daolio (Sulmona) e finalisti al concorso Fara Music Jazz Festival di Fara Sabina, Rieti”.

Sul vostro sito è possibile sentire alcune tracce del vostro EP. Oltre ai testi, spiccano degli arrangiamenti molto curati.

“È vero: abbiamo avuto la fortuna di avere con noi musicisti versatili. Validi compositori ed arrangiatori. Tutti provenienti da esperienze diverse. In particolare dobbiamo ringraziare per le composizioni Manolo Di Liberatore, pianista di formazione classica e Elmar Shäfer, sassofonista legato alle tradizioni musicali blues e jazz americane, qui anche arrangiatore e compositore. Siamo molto soddisfatti”.

Dove volete arrivare?

“Beh (sospira), vorremmo scuotere la situazione musicale. Fare in modo che tutti si accorgano che non c’è bisogno di comprare ‘prodotti pronti’ e poi farli suonare in un festival; che la musica può essere anche autoprodotta in loco con cifre ragionevoli, magari attraverso un cantiere come il nostro. Serve solo competenza e passione. L’ideale sarebbe passare dai direttori artistici ai talent scout. Occorrono persone che costruiscano percorsi musicali. Oggi come oggi, i direttori artistici dovrebbero selezionare musicisti e band che fanno musica originale, fresca. Invece assistiamo a questo: il direttore artistico di un festival suona all’interno del suo festival e se ne vanta pure. E magari viene pagato due volte, una volta come direttore ed una volta come esecutore. Discutibile. Un festival deve essere un luogo per musicisti e non per il direttore artistico che seleziona (anche se musicista)”.

Quanto è costato produrre il vostro EP?

“Abbiamo fatto le cose per bene: circa 3.000 euro tra musicisti, sala di registrazione, sito internet, grafica, duplicazione… Abbiamo registrato nello studio di Marco Pallini (Bellante) che ha subito instaurato un buon feeling con noi. Tornando ai soldi, il costo che più di tutti mi ha spiazzato è stato quello relativo ai bollini Siae. Ma è possibile che un’opera prima debba essere vincolata dai bollini Siae? Stiamo parlando di 40 centesimi a bollino, per un cd demo gratuito che non può essere venduto! Se si vuole dare man forte alla musica emergente sarebbe bene creare una corsia preferenziale. Aiutare le opere prime senza il peso fiscale dei bollini. Giusto la tassa di iscrizione, se uno compone”.

Quando vi potremo sentire?

“Abbiamo già fatto una presentazione dell’EP ad agosto. Ora speriamo di farne una seconda verso Natale. Intanto pensiamo a qualche festival e al prossimo progetto musicale. Stiamo pensando di inserire degli elementi dixieland. Ma nel nostro cantiere, come avrai capito, è tutto in divenire”.